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27 Apr 2024 | 22:09:07
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La qualità ambientale dei materiali da costruzione

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L’attività edilizia è tra quelle con il maggiore impatto sull’ambiente tra le attività umane.

 

Sia l’approvvigionamento delle materie prime, sia la loro trasformazione in materiali da costruzione, normalmente richiedono un grande quantitativo di energia, oltre ad una notevole quantità di materiali di scarto, che hanno il problema di dover essere smaltiti.

 

Nell’approccio bioecologico alla progettazione bisogna tener conto non solo dell’intera filiera produttiva dei materiali da costruzione, intesa come approvvigionamento delle materie prime e la loro trasformazione in prodotti utilizzabili, ma anche dell’energia e dell’impatto sull’ambiente dovuto all’utilizzo delle costruzioni ed alla loro dismissione o, meglio, al loro riutilizzo. 

 

Le fasi che costituiscono il ciclo di vita di un qualunque materiale da costruzione sono sintetizzabili nelle seguenti:

 

-          Approvvigionamento delle materie prime

 

-          Trasformazione e produzione dei materiali da costruzione

 

-          Realizzazione dell’opera

 

-          Utilizzo

 

-          Demolizione dell’edificio

 

-          Riutilizzo, riciclo o smaltimento dei materiali

 

Quindi, un approccio corretto tenderà non solo all’utilizzo di materiali maggiormente rinnovabili, ma anche alla minimizzazione degli scarti e dell’energia necessaria durante tutto il loro ciclo di vita, alla loro maggior riciclabilità o ad una loro minor impatto sull’ambiente durante la fase di smaltimento e, infine, al maggior benessere all’interno degli ambienti.

 

Tutto ciò deve però corrispondere ad una qualità, ad un comfort e ad un benessere del costruito non inferiore a quello di un edificio tradizionale: in realtà, negli edifici realizzati in bioedilizia, questi parametri sono generalmente superiori a quelli degli edifici tradizionali.

 

Molto importante, oltre agli aspetti appena affrontati, è quello relativo all’impatto energetico che ogni materiale ha incorporato. Si parla in questo caso di “contenuto energetico” di un materiale, inteso come il quantitativo di energia complessivo, espresso in chilowattora al metro cubo, necessario in tutte le varie fasi di approvvigionamento, trasformazione, produzione, costruzione, utilizzo smaltimento e riutilizzo di un materiale. Poiché questo parametro, riferendosi all’energia consumata, si riflette direttamente sulla quantità di anidride carbonica immessa nell’ambiente, quanto minore è il suo valore, tanto minore sarà l’impatto energetico del relativo materiale, anche rispetto al riscaldamento globale ed all’effetto serra.

Di seguito riporto una tabella esemplificativa, indicante l’energia inglobata nei più comuni materiali da costruzione.

 

ENERGIA INGLOBATA IN ALCUNI MATERIALI   (kWh/mc):

 

 

- ALLUMINIO                                             195.000

- ACCIAIO                                                  70.000

- CALCESTRUZZO                                       2.770

- MATTONI PIENI                                        1.500

- LEGNO DI CONIFERE                                470

 

- TERRA CRUDA                                           30

 

Il cemento armato e l’acciaio, che sono i materiali più utilizzati nell’edilizia moderna, sono anche tra quelli meno ecocompatibili, in quanto sono tra quelli a maggior contenuto di energia inglobata.

 

Ciò è particolarmente importante se si pensa che, secondo diverse stime, l’attività di costruzione ed utilizzo degli edifici assorbe circa il 35/40% del fabbisogno di energia totale in Europa, ed è responsabile del 30-40 % della produzione di rifiuti e del 30-35% dell’emissione di gas serra.

Se è relativamente semplice determinare come ridurre l’energia necessaria alle fasi di approvvigionamento, trasformazione e produzione di un materiale, è leggermente più complesso, ma non meno importante, intervenire sulla sua riduzione durante l’utilizzo di un edificio e, dunque, dei relativi materiali da costruzione.

Gli edifici, infatti, scambiano calore con l’ambiente esterno, inteso come aria esterna, terreno ed altri edifici o ambienti con cui sono a contatto. La temperatura all’interno degli edifici, per esigenze di benessere e salubrità, deve assumere determinati valori, mentre la temperatura dell’aria esterna e del terreno può variare anche di qualche decina di gradi durante l’anno, potendo essere maggiore o minore di quella interna a seconda del periodo.

 

Per questo, occorre intervenire, nella fase progettuale, affinchè gli scambi termici dell’edificio con l’ambiente, siano minimi. Per fare ciò si può intervenire su due parametri, la coibenza termica e l’inerzia termica.

In particolare, l’inerzia termica si oppone alle oscillazioni di temperatura durante i cicli giorno – notte ed estate – inverno, mentre la coibenza termica piò essere definita come l’attitudine di un materiale, o di un componente edilizio, sia esso una chiusura verticale, un infisso o un tetto, ad opporsi al passaggio del calore attraverso di esso.

 

L’inerzia termica è legata al calore specifico ed alla massa di un materiale, ed è particolarmente importante nell’ottica di evitare il surriscaldamento degli ambienti interni dovuto alle onde di calore presenti nei cicli giorno – notte in estate.

La coibenza termica assume un ruolo rilevante nella riduzione degli scambi di calore tra l’interno riscaldato e l’ambiente esterno, e dunque per limitare la quantità di energia necessaria per mantenere una temperatura prefissata all’interno degli ambienti nei mesi più freddi.

 

Però, occorre considerare che, in genere, i materiali con maggior coibenza termica, sono generalmente molto leggeri e, dunque, hanno una minor inerzia termica. Pertanto, nella progettazione di un edificio energeticamente efficiente, bisogna contemperare entrambe queste grandezze, al fine di massimizzare entrambe. Infatti se ho un elemento edilizio molto coibente, ma con poca massa, mettendo in funzione il riscaldamento invernale, l’ambiente interno si riscalderà molto velocemente, ma altrettanto velocemente si raffredderà allorquanto spegnerò il riscaldamento, proprio a causa della bassa inerzia termica.

Viceversa, nel caso di una parete di grande massa (e quindi grande inerzia) e poca coibenza, quando accenderò l’impianto di riscaldamento sarà necessario un tempo molto più lungo ed una quantità di energia molto maggiore perché la temperatura raggiunga i valori prefissati, ma allo spegnersi del riscaldamento, gli ambienti si raffredderanno molto più lentamente, grazie all’elevata inerzia termica.