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10 May 2024 | 20:16:54
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Condensa e muffe: colpa dei serramenti?

/ risparmio energetico, isolamento, normativa, manutenzione, ponti termici, muffe, condensazione superficiale, condensa, umidità

Per iniziare a dirimere la questione, è d’obbligo riferirsi alla normativa; in particolare il Decreto Legislativo 311/2006, come modificato dal DPR 59/2009 e le norme UNI EN ISO 13788 e UNI EN 15251; il primo, che è più noto per aver introdotto la Certificazione Energetica degli Edifici ed aver fissato o rettificato i limiti di trasmittanza delle strutture che compongono l’involucro edilizio e i parametri di rendimento degli impianti di riscaldamento, fissa anche le condizioni interne di temperatura ed umidità a cui fare riferimento in assenza di specifici impianti di condizionamento e controllo; precisamente afferma che le veri?che di assenza di condensazione superficiale vanno effettuate a partire da una condizione standard di 20°C e 65% di umidità relativa. (Art.4 comma 17 DPR 59/09).

Quale norma tecnica per la valutazione del comportamento igrotermico degli edifici si utilizza appunto la UNI EN ISO 13788 già indicata; questa norma consente di veri?care se una data struttura che delimita un ambiente è soggetta o meno a condensazione superficiale e se, e in che misura, è soggetta a condensazione interstiziale, cioè all’interno del pacchetto murario.

In ogni caso, quindi, il punto di incontro tra utente e costruttore è costituito dalle condizioni interne specificate; in estrema sintesi si potrebbe affermare che:

  • da un lato il costruttore deve garantire che l’alloggio, utilizzato correttamente con un umidità media del 65% a 20°C, non presenta condensa superficiale e non consente la creazione di zone favorevoli alla formazione delle muffe;
  • dall’altro, il costruttore dovrà mantenere un regime di temperatura e umidità compatibile con le veri?che effettuate.

La norma tecnica consente anche un diverso modo per arrivare alle presumibili condizioni interne a partire da quelle esterne, ma il legislatore ha preferito specificare con chiarezza quali sono le condizioni standard da utilizzare, onde evitare interpretazioni di parte. Questa chiarezza semplifica il processo di attribuzione delle responsabilità: in presenza di problemi sarà sempre abbastanza agevole veri?care le caratteristiche dell’involucro edilizio (trasmittanze, presenza di ponti termici, errori di progettazione), o puntare il dito su comportamenti scorretti dell’utente, dimostrabili tramite registrazioni di lungo periodo dei parametri di temperatura e umidità interna.

L’indubbia chiarezza normativa ha però un costo non indifferente: partire dal 65% di umidità relativa è un vincolo decisamente stringente; anticipando conclusioni a cui si arriverà in seguito, significa garantire che nessun punto dell’involucro abbia temperature al di sotto dei 13°C per evitare la formazione di condensa, e che nessun punto dell’involucro si trovi stabilmente per più giorni a temperature inferiori a 16°C per evitare che si possano formare delle muffe; oltre alle trasmittanza dei singoli componenti (pareti, finestre, vetri, portoncini) andranno adeguatamente progettate le interconnessioni tra gli elementi, per eliminare nel modo più efficace l’influenza degli inevitabili ponti termici. D’altro canto, la progettazione di edifici sempre più efficienti e l’installazione di componenti sempre più performanti richiede all’utente di veri?care che vi sia una ventilazione sufficiente; in presenza di un involucro pressoché stagno, superare il limite del 65% è tutt’altro che difficile; arieggiare poco e male, mantenere ambienti tra loro collegati a temperature molto differenti, ostruire i previsti fori di ventilazione sono tra i comportamenti che portano a mantenere regimi di umidità superiori rispetto a quelli utilizzati per le verifiche e quindi incorrere nei problemi citati.

[Estratto da un articolo di Giovanni Tisi, pubblicato sulla rivista “neo Eubios" n.37 – Anno XIII – Settembre 2011, Edita da TEP srl – www.anit.it]