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10 May 2024 | 12:06:42
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Cinque anni di efficienza energetica degli edifici

/ efficienza energetica, energie rinnovabili, risparmio energetico, incentivi, fiscali, detrazioni fiscali, 55%

La legge n.296 del 2006 ha creato l’ormai celebre strumento delle detrazioni fiscali del 55% per le spese sostenute per gli interventi di risparmio energetico sul patrimonio immobiliare nazionale esistente. Più in dettaglio, la legge n.296 è stata integrata e modificata da provvedimenti successivi, ai commi 344, 345, 346 e 347 dell’art. 1, per:

  • la riqualificazione energetica globale dell’edificio (comma 344);
  • interventi su strutture opache verticali (le pareti, il cosiddetto “cappotto” esterno) strutture opache orizzontali (solai/coperture) e infissi (comma 345);
  • l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (il cosiddetto solare termico, comma 346);
  • l’installazione di caldaie a condensazione o pompe di calore (comma 347).

Il meccanismo delle detrazioni fiscali del 55% ha certamente avuto il merito di innovare la normativa specifica degli incentivi per interventi di ristrutturazione del patrimonio edilizio. Fino a tutto il 2006, infatti, l’unica agevolazione fiscale prevista era la detrazione del 36% di quanto speso, principalmente prevista per interventi di ristrutturazione edilizia.

In questi cinque anni di detrazioni del 55% per l’efficienza energetica degli edifici, l’ENEA ha effettuato una campagna di informazione, monitorando tutti gli interventi eseguiti sul territorio nazionale [1]. Purtroppo, le statistiche ufficiali esistono solo per i primi tre anni, dal 2007 al 2009, ma permettono comunque una valutazione dei risultati.

Entrando nel merito dei dati dichiarati nel triennio 2007-2009, la tabella sotto riassume la situazione.

Gli interventi di efficienza energetica finanziati sono stati circa 600mila, per una spesa totale di 7.5 miliardi, di cui oltre 4 erogati dallo Stato sotto forma di detrazioni del 55%. Dal punto di vista ambientale, la diminuzione delle emissioni è stata di circa 900mila tonnellate di anidride carbonica, di cui 317mila nel solo 2009, come da dichiarazioni trionfanti di Giampaolo Valentini, della direzione dell’Unità tecnica ENEA.

Ora, qualcuno potrebbe giustamente chiedersi se 900mila tonnellate di CO2 sono tante o poche rispetto al totale che vorremmo abbattere, e a quanto ammonta questo totale.

Presto detto. Il settore residenziale è responsabile per circa il 10% delle emissioni nazionali [2]. Il valore di riferimento del 1990 era di 52 milioni di tonnellate (Mton) di CO2. Nel 2009, 16 anni più tardi e dopo tre anni di detrazioni al 55% per l’efficienza energetica degli edifici, quel valore si è abbassato a 51 Mton di CO2.

Volendo diminuire del 20 per cento le emissioni del settore residenziale entro il 2020, come da accordi di Kyoto, mancano ancora circa 10 Mton di CO2. La diminuzione di 317mila tonnellate di CO2 ottenuta con le detrazioni del 55% nel 2009, per la quale sono stati spesi 1.4 miliardi di euro, rappresenta dunque solamente il 3% circa del totale. Numeri alla mano, per tagliare 10 Mton di CO2, al ritmo attuale sono necessari altri 31 anni (e 40 miliardi di euro di incentivi). Ci arriveremmo dunque nel 2042. Alternativamente, volendo rispettare il termine ultimo del 2020 degli accordi di Kyoto, dovremmo aumentare il totale disponibile per le detrazioni per l’efficienza energetica a 5 miliardi l’anno, sperando che gli italiani vogliano investire gli altri 5 di tasca propria. In tempi di crisi finanziaria mondiale e credit crunch, appare chiaro quanto impraticabile sia questa seconda ipotesi, mentre la prima ci porterebbe ad onorare i termini dell’accordo di Kyoto con oltre 20 in ritardo. E’ allora evidente quanto lontane dalla realtà siano le dichiarazione trionfanti di Valentini, dell’ENEA e della stampa ambientalista per la diminuzione di 317mila tonnellate di CO2 ottenuta nel 2009.

Come se ne esce? Un’analisi più dettagliata dei numeri contenuti nei rapporti ENEA rivela due fatti interessanti. Il primo è che, quantitativamente parlando, oltre il 60% del totale degli interventi di efficienza energetica in Italia è concentrato in quattro sole regioni: Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna. L’effetto degli incentivi fiscali è molto limitato (o nullo) nelle regioni meridionali. Di pari passo, ovviamente, va la riduzione regionale delle emissioni di anidride carbonica.

La seconda nota di interesse è la ripartizione degli interventi effettuati per tipologia nel triennio 2007-2009, mostrata nella figura sotto. E’ subito evidente come, degli interventi alla struttura eseguiti dagli italiani (pareti, coperture, infissi), il 90% sia stato sugli infissi.

Il motivo è presto spiegato: il costo medio di un intervento sugli infissi è molto minore di quello su pareti e coperture. Ora, qualcuno potrebbe giustamente chiedersi se l’intervento agli infissi sia quello che fa risparmiare di più. La risposta, purtroppo, è generalmente no, come si vede nella figura sotto, elaborata dai dati ENEA.

Dal punto di vista dell’intervento alla struttura, dunque, la tendenza è stata quella di privilegiare l’intervento meno efficiente per il risparmio energetico ma economicamente più contenuto in termini di capitale investito (gli infissi).

Il che suggerisce che il nodo da aggredire per massimizzare la riduzione delle emissioni del settore residenziale, mantenendo fissi gli incentivi all’efficienza energetica, sia duplice. Insomma, le ragioni per “non” investire nell’intervento che garantisce la massima efficienza energetica (e dunque il massimo ritorno economico) sono probabilmente due: l’alto costo iniziale o, nel caso esso non costituisca problema, la scarsa fiducia nel reale ritorno economico. Il nodo da aggredire è doppio, e riguarda l’accesso al credito e la consulenza energetica.

Cominciamo con l’accesso al credito. Gli interventi sulla struttura che garantiscono i risparmi maggiori – pareti e solai/coperture – costano generalmente due o tre volte più degli infissi. Lo abbiamo visto sopra. Il costo al chilowattora (kWh) risparmiato è però decisamente favorevole ai primi (10 cent€/kWh contro 18 degli infissi [3]). Tuttavia, il grosso investimento iniziale rappresenta una barriera non da poco che scoraggia molti – risparmiare sul consumo è pur sempre una scommessa sul futuro – o rende l’investimento financo proprio impossibile – non tutti hanno 20-30mila euro da dedicare all’efficienza energetica delle casa. Non stupisce dunque che il 60% degli investimenti iniziali si concentri in sole 4 regioni, ricche e al nord, e che al sud restino le briciole. In tal senso, un accesso al credito facilitato per interventi di efficienza energetica in funzione del reddito migliorerebbe di molto le cose, oltre a contribuire a ridurre il divario nella qualità delle vita tra chi ha di meno e chi ha di più.

Ora la consulenza energetica. Le tipologie di intervento per l’efficienza energetica sono molte e scegliere quella giusta non è facile. Dalla distribuzione regionale dei risparmi medi conseguiti con gli interventi ricavata dai dati ENEA si osserva che i maggiori benefici non sono localizzabili unicamente nelle regioni settentrionali a clima prevalentemente rigido, come vulgata comune vorrebbe. I valori massimi si registrano infatti in Lombardia e Marche, mentre i valori minimi sono in Sicilia e Sardegna [3]. A peggiorare le cose, il costo medio per un intervento di riqualificazione energetica è funzione di innumerevoli variabili (la complessità tecnica dell’intervento, ad esempio, o la diversità nell’economia locale italiana). Detto altrimenti, l’efficienza energetica degli edifici è materia complessa. L’intervento migliore dipende dalle caratteristiche dell’abitazione, dal territorio e, soprattutto, dalle abitudini di vita di ognuno di noi. Un recente studio olandese [4] ha infatti dimostrato come la fruttuosità dell’intervento dipenda soprattutto dall’ultimo punto che viene invece generalmente trascurato. Se, ad esempio, usate molta acqua calda – perchè vi fate molte docce – e abitate in una zona normalmente soleggiata, allora l’intervento più conveniente è senza dubbio il solare termico. Se invece di docce ve ne fate poche o usate poca acqua, investire nel solare termico non conviene anche abitando al sud dato che il tempo necessario a ripagare l’investimento iniziale si allunga a dismisura, vanificando i propositi d’efficienza energetica (e monetaria) iniziali.

La verità è che non esiste un intervento ottimale uguale per tutti. Certo, esistono i valori medi per spese e risparmi, ma rischiano di non dare indicazioni corrette – in relazione cioè a consumi e risparmi effettivi – a chi volesse investire in efficienza energetica. In altri termini, a fidarsi dei valori medi si corre il rischio di scegliere un intervento costoso ma con un tempo di ritorno d’investimento anche oltre i 30 anni. Non certo quello che si definisce un investimento fruttuoso.

Un buon servizio in tal senso è offerto da ContoEnergia, che aiuta chi desidera investire in efficienza energetica con un’attività di consulenza, diagnosi energetica e pianificazione degli interventi. Purtroppo, è prassi comune che i costi delle consulenze ricadano sugli utenti. Il che, manco a dirlo, scoraggia l’uso della consulenza energetica. Qualora fosse invece sovvenzionata dallo Stato, direttamente ai vari produttori d’energia, l’utente potrebbe farne largo e libero uso e decidere gli interventi in base alle soluzioni proposte e ai contratti offerti dalla aziende stesse assieme alle soluzioni proposte. Consulenza e competizione, dunque, non solo informazione e modulistica.

[Articolo di Filippo Zuliani del 14 novembre 2011 pubblicato sul giornale online “Il Post” - Filippo Zuliani è fisico e ingegnere, vive in Olanda e lavora al centro di ricerca e sviluppo di Tata Steel Europe, tra produzione industriale e ricerca universitaria. Sul suo blog parla di materiali, energia, trasporti e materie prime.]